TIM nuova sostenibilità, adesso pensare alla crescita

18-09-2024
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TIM sta già oggi pensando a crescere. Perchè il nostro futuro è già iniziato - Life goes on - Pietro Labriola AD di TIM - dopo aver spiegato il perché della vendita della rete, ha voluto dare risposte alle legittime domande legate al nuovo presente e al futuro di TIM guardando in primis la composizione del business tra domestico e non.

"Una scelta non solo di TIM ma dei principali ex incumbent. Informazione ai più non nota e che dà una vista differente e meno “naive” alle scelte fatte".

 

Nel dibattito che ha accompagnato la vendita dell’infrastruttura di rete fissa di Tim, e che tutt’ora prosegue guardando al futuro del nostro gruppo, ci sono dei temi ricorrenti, spesso oggetto di analisi e dibattiti a mio modo di vedere fuorvianti. Due, tra tutte, le domande ricorrenti: perché non si è venduta Tim Brasil anziché la rete fissa? La nuova Tim sarà sostenibile?

 

 

La "diversificazione" delle BIG europee:

È utile confrontare TIM con altri grandi operatori europei come Deutsche Telekom, Orange e Telefonica, gli ex incumbent tedesco, francese e spagnolo, perché in comune hanno che le attività internazionali rappresentano la parte più rilevante della loro capitalizzazione di mercato. Deutsche Telekom è, per dimensioni, il principale operatore europeo: eppure, dei circa 56 miliardi di ricavi che ha realizzato nel primo semestre dell’anno, oltre il 60% deriva dal mercato statunitense, dove è presente attraverso T-Mobile US, di cui detiene la maggioranza. Solo il 22%, invece, viene dalla Germania. Le percentuali si allargano ancora se guardiamo alla marginalità: oltre due terzi dell’Ebitda After Lease al 30 giugno arrivano da oltre oceano. Se spostiamo lo sguardo sulla capitalizzazione, l’intero gruppo vale circa 125 miliardi di euro: oltre 100 sono rappresentati dal valore della quota di T-Mobile US, che da sola vale oltre 225 miliardi di dollari. E non è un caso unico. Telefonica realizza il 30% circa dei propri ricavi in Spagna, il 20% in Germania e la restante metà negli altri mercati, a partire dal Brasile e dal Sud America. In Borsa il 75% di Telefonica Brasil vale da solo 10 miliardi di euro sui 22 di capitalizzazione totale del gruppo, e, prima del delisting dello scorso aprile, il business tedesco ne valeva poco meno di 8.

 

Nel caso di TIM, questa dinamica è ancora più accentuata: il 67% di Tim Brasil vale 4,8 miliardi di euro, poco meno dell’intera capitalizzazione del gruppo, pur realizzando poco più del 30% dei ricavi e circa metà della marginalità.

Ma perché gli investitori preferiscono sostenere aziende, come Tim Brasil, T-Mobile e Telefonica Brasil ? Perché operano in mercati razionali e/o con prospettive di crescita. In Europa, invece, il mercato è più stagnante, e spesso le aziende di telecomunicazioni devono cercare crescita all’estero per ottenere un ritorno adeguato sugli investimenti.

 

Un report di Jp Morgan del 2023 mostra come il ritorno sul capitale investito (Roce) per le tlc europee, pari al 6% nelle stime degli analisti, sia in media più basso del costo medio ponderato del capitale (Wacc). Allargando lo sguardo agli altri mercati mondiali, è evidente come il ritorno sul capitale investito in Italia e in Europa sia decisamente più basso che in Asia o negli Stati Uniti, dove Jp Morgan vede un Roce che va dal 12% di T-Mobile US al 18% di Verizon.

 

Il consolidamento del mercato ha avuto un effetto positivo: i mercati con meno operatori tendono a essere più redditizi. Un report di NewStreet del 2023 mostra come in Europa i mercati con tre operatori mobili abbiano un Roce medio più alto rispetto ai mercati con quattro operatori (10% contro 6%). Nell’analizzare lo scenario europeo, NewStreet mostra anche come l’Italia sia il mercato peggiore da questo punto di vista.

 

 

Il Brasile:

Il mercato brasiliano sta vivendo profonde trasformazioni, con una crescita importante che beneficia di diversi fattori chiave, a partire dal recente consolidamento, che abbiamo contribuito a creare rilevando le attività mobili di Oi e che ha portato da cinque a tre gli operatori in un Paese di oltre 215 milioni di abitanti. Questo passaggio ha creato uno scenario più razionale e ha permesso a tutti i gruppi di puntare su strategie basate sul valore aggiunto delle rispettive proposte piuttosto che su una competizione basata soltanto sul prezzo, in un Paese dove il mobile ha enorme potenziale: oltre il 97% degli accessi a Internet avviene via rete mobile e quasi l’80% delle transazioni bancarie si svolge tramite smartphone.

 

E c’è un grande potenziale di crescita, soprattutto perché il consumo di dati è ancora relativamente basso e le offerte attuali non includono una quantità di giga “abnorme”. Inoltre, l’asta per le frequenze del 5G è stata orientata maggiormente ad obiettivi di digitalizzazione e modernizzazione del Paese piuttosto che a un incasso immediato, rendendo il Paese uno dei leader mondiali per l’ampiezza e modernità della rete. Se in Italia lo Stato ha incassato 6,5 miliardi di euro per le frequenze, il Brasile ha seguito una strada diversa, incassando dall’asta circa 1,1 miliardi di euro al cambio del 2021 ma stimando investimenti da parte degli operatori per oltre 6 miliardi. Ciò ha fatto sì che la rete brasiliana 5G stand alone sia la più estesa e più moderna al mondo, aprendo a future opportunità per lo sviluppo di servizi di IoT, nei quali Tim Brasil, nel settore dell’agro, mining, industria e logistica, è già leader.

 

Questo scenario fa del Brasile uno dei mercati più promettenti per le telecomunicazioni (con un ritorno sul capitale investito, Roic, per diversi operatori a doppia cifra nel 2023), con Tim Brasil che si distingue per la sua performance finanziaria, leadership nel 5G e innovazione. La crescita prevista di Tim Brasil avrà un impatto positivo anche su Tim Italia, grazie alla generazione di cassa e all’aumento dei dividendi, che supporteranno lo sviluppo del gruppo nei due Paesi.

 

 

Il futuro di TIM:

Il caso di Deutsche Telekom, che nel 2011 non completò la vendita di T-Mobile US alla concorrente AT&T, dimostra come le decisioni strategiche possano determinare il successo a lungo termine di un’azienda. Come quella delle persone, anche la vita delle aziende vive di sliding doors. All’epoca, i ricavi negli Stati Uniti erano poco più del 25% di quelli del gruppo e i margini il 22%. Se l’accordo da 39 miliardi di dollari (pari a circa il 58% della capitalizzazione del gruppo tedesco il giorno prima dell’accordo, rispetto a un valore attuale della quota detenuta da Dt di circa 100 miliardi) fosse stato concluso, avrebbe probabilmente cambiato il destino dell’azienda e, guardando i valori di Borsa di oggi, non necessariamente in meglio.

 

Pochi anni dopo, nel 2014, si parlò di una possibile vendita di Tim Brasil. Anche quella avrebbe potuto essere una sliding door per Tim. Con il senno di poi, tuttavia, la decisione di investire nel rilancio del Brasile si è rivelata giusta, poiché da Tim Brasil oggi arriva il 50% del margine del gruppo e supporterà la crescita dei prossimi anni, grazie a un’esposizione a un mercato sano e in espansione, generando le risorse necessarie. Dal 2022, anno in cui è partito il processo di vendita della rete di oggi, il titolo è salito del 50% passando da 29 miliardi di reais di capitalizzazione a oltre 44 miliardi di reais, creando valore per tutti gli azionisti, a partire da Tim e, di conseguenza, per i suoi soci.

 

TIM è oggi un’azienda diversificata, e non solo geograficamente: é presente anche in diversi segmenti tecnologici (fisso, mobile e servizi IT) e di clientela (retail, piccole e medie imprese, grandi aziende e pubbliche amministrazioni), ed é un insieme di business e mix di attività in fasi differenti del loro ciclo di vita, con prospettive di crescita – e conseguentemente di rischio – differenti, ma che garantiscono la sostenibilità del gruppo. Tim, quindi, non sarà sostenibile domani, lo è già oggi. Spesso, il gruppo viene percepito solo come focalizzato sul mercato consumer, il più complesso dei tre in cui operiamo e in cui operano, con difficoltà, tutte le grandi Telco in Europa. Tuttavia, oltre a questo segmento, che rappresenta circa il 40% dei ricavi e il 30% dei margini e su cui vale la pena ricordare che negli ultimi due anni abbiamo apportato significativi miglioramenti, ci sono il business legato ai grandi clienti Corporate e alla Pubblica amministrazione (Tim Enterprise), e le attività brasiliane.

 

Questi segmenti, insieme, generano circa il 60% del fatturato e il 70% dei margini (Ebitda after lease), e rappresentano, rispettivamente, il motore di crescita in Italia, con prospettive estremamente interessanti, e la “cash cow”, sia per la generazione di cassa che per la crescita, operando in un mercato consolidato e tra i più interessanti a livello globale.

 

In sintesi, il nostro è un portafoglio bilanciato, che combina attività con profili di rischio e maturità diversi per ottimizzare rendimento e stabilità, con un livello di debito dopo la vendita della rete che ci permette di pensare alla crescita e allo sviluppo strategico. Guardando al nuovo assetto, la prima metà del 2024 ha portato i risultati che ci aspettavamo, dimostrando un ritorno alla competitività dell’azienda e rafforzando la nostra fiducia e determinazione nel raggiungere i nostri obiettivi sia per l’intero anno che per gli anni successivi del nostro piano industriale.